Hai mai visto lo zibibbo: la pianta che assomiglia stranamente al baobab ma…?

Lo Zibibbo, noto anche come Moscato d’Alessandria, è una varietà di Vitis vinifera che suscita spesso curiosità per alcuni suoi tratti peculiari. In particolare, tra i più attenti osservatori botanici, desta sorpresa il suo portamento che, in particolari condizioni e modalità di allevamento, può in modo singolare rievocare la forma tozza e massiccia del baobab. Questa somiglianza visiva tuttavia è superficiale, visto che le due piante appartengono a mondi botanici profondamente diversi e distanti. Il vero fascino dello Zibibbo, però, si trova nelle sue origini, coltivazione e utilizzi tradizionali, in particolare nelle isole del Mediterraneo come Pantelleria.

Caratteristiche botaniche e peculiarità della pianta

Lo Zibibbo si distingue come vitigno aromatico a bacca bianca, ampiamente impiegato sia per il consumo fresco dell’uva che per la produzione di celebri vini passiti e spumanti. La pianta presenta grappoli grandi, piramidali e alati, spesso compatti o più rari “spargoli”, mentre gli acini sono ovoidali di grandi dimensioni, con una buccia spessa di color verde dorato e coperta da una consistente pruina. La polpa è molto fragrante, dolce e di spiccata aromaticità, tratto distintivo dello Zibibbo rispetto ad altre varietà di Moscato. È dotata di una buona vigoria vegetativa, mantenendo però una produttività costante e media, caratteristica ambita in viticoltura per la regolarità nelle rese e nella qualità dei raccolti.
Il sistema di allevamento tradizionale nello Zibibbo è “a basso fusto” o ad “alberello pantesco”, un metodo perfezionato nei secoli per resistere alla siccità e ai forti venti, che influiscono considerevolmente sull’aspetto della pianta: i singoli ceppi diventano spesso tozzi, robusti e con una chioma espansa lateralmente, da cui origina la nota somiglianza, per chi osserva da lontano e con un po’ di fantasia, con la tipica silhouette del baobab africano.

Dove cresce e come viene coltivato lo Zibibbo

La coltivazione dello Zibibbo ha origini molto antiche e si è diffusa nel bacino del Mediterraneo, trovando la massima espressione nell’isola di Pantelleria. In Sicilia, infatti, questa varietà continua ad essere tra le più rilevanti sia per superficie vitata che per produzione. Il nome “Zibibbo” deriva probabilmente dall’arabo “zab?b”, che significa “uva passita”, in riferimento all’uso tradizionale dei suoi acini per la produzione di uvetta e vini dolci.
La vite dello Zibibbo predilige terreni leggermente sciolti, profonde esposizioni solari e un clima caldo e arido. Si adatta bene alla siccità, ma è invece sensibile a venti caldi come lo scirocco, alla peronospora e all’oidio, da cui va protetta con adeguate pratiche agronomiche e fitosanitarie. Si utilizza una potatura preferibilmente corta per mantenere la vegetazione bassa e contenuta, anche per favorire la resistenza contro i venti forti che, a Pantelleria in particolare, possono essere devastanti.

  • Maturazione: generalmente a settembre.
  • Trattamenti: si impiegano prodotti anticrittogamici a base di rame e zolfo nella stagione vegetativa.
  • Resistenza: lo Zibibbo si distingue per la notevole resistenza al marciume degli acini, caratteristica fondamentale per poter utilizzare le uve appassite al sole senza rischiare di compromettere la produzione di vini dolci e da dessert.

Caratteristiche organolettiche e usi enologici

Le uve Zibibbo sono tra le più ricercate per la produzione di valori aromatizzati intensi e un profilo sensoriale inconfondibile. Gli acini, oltre ad essere ottimi da consumare freschi, sono ideali per l’appassimento al sole, che concentra gli zuccheri e gli aromi, rendendoli la base per vini dolci e passiti di grande pregio.
Tra i profumi predominanti si riconoscono uva passa, miele, albicocca, agrumi e fiori di acacia. L’alto contenuto di terpeni e altre sostanze aromatiche resta integro dopo la vinificazione, contribuendo al fascino unico dei vini ottenuti da questa varietà.

I principali usi dello Zibibbo sono:

  • Produzione di vinificati dolci, incluse le tipiche versioni passite come il celebre Passito di Pantelleria.
  • Vinificazione secca per vini bianchi dal profumo intenso e dalla buona struttura.
  • Uva da tavola, grazie al gusto aromatico e alla polpa consistente e croccante.
  • Trasformazione in uvetta per consumo diretto o in pasticceria tradizionale.

La raccolta avviene manualmente oppure con moderne attrezzature, sempre privilegiando la massima integrità degli acini.

Curiosità, leggende e il fascino delle forme

La leggenda della somiglianza con il baobab nasce soprattutto dalla forma assunta dai ceppi ad alberello, specialmente tra le antiche viti di Pantelleria, che sviluppano tronchi robusti, corti, spesso scavati dal tempo e dal vento. L’effetto ottico di questi ceppi massicci, radicati in muretti a secco e contornati da fogliame espanso, richiama la silhouette inconfondibile dell’albero africano tanto celebre per l’imponenza quanto per la capacità di resistere a condizioni estreme.
Ma lo Zibibbo è anche simbolo di resilienza e adattabilità: la pianta, originaria probabilmente dell’Egitto, è stata importata e adattata in Sicilia sin dall’antichità. Ancora oggi rappresenta una interpretazione singolare del dialogo uomo-natura, dove le esigenze della coltivazione hanno modellato sia la viticoltura che il paesaggio, favorendo la produzione di prodotti enogastronomici identitari, oggi apprezzati in tutto il mondo.
Va sottolineato che, al di là dell’aspetto, Zibibbo e baobab sono botanicamente molto distanti: uno è una vite, pianta rampicante, e l’altro un albero maestoso tipico delle savane africane. Ma la bellezza delle piante risiede anche nella loro capacità di evocare mondi immaginari e somiglianze inattese che arricchiscono la nostra percezione della natura.

In conclusione, la pianta dello Zibibbo è molto più che una semplice vite; è un condensato di storia, tradizioni colturali, profumi inebrianti e leggende popolari, tanto da meritare un posto di rilievo tra i simboli della cultura agricola mediterranea, specie lì dove la cura delle forme assume anche un valore identitario, come nelle vigne di Pantelleria.

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